Gli effetti della pandemia nella gastronomia in Germania

Molte persone hanno subito danni economici nelle loro attività. Parlando di economia, tre sono stati i settori particolarmente colpiti dalla pandemia: la gastronomia, il mondo alberghiero e quello turistico. In Europa, al termine dei duri mesi del Lockdown, è ripartita la fase di ripresa, nonostante le molteplici limitazioni dovute alle norme igieniche di prevenzione per impedire un’ulteriore diffusione del virus.
I dati pubblicati dal ministero del lavoro e della previdenza sociale in Germania (Bundesagentur für Arbeit) mettono in chiara evidenza, quanto gastronomia e settore alberghiero siano stati penalizzati. Per es.: le aziende che hanno fatto riferimento alla cassa integrazione statale – Kurzarbeit Gelder – sono state il 71% nel settore alberghiero e 52% nel settore gastronomico, mentre nei restanti settori la media è del 37%. Anche la differenza nel numero dei disoccupati registrati all’inizio della crisi è evidente: nell’alberghiero il 43% e nella gastronomia il 48% in più rispetto all’anno prima, mentre altrove abbiamo una media del 16%.

Come ha detto il presidente del Dehoga (Deutscher Hotel- und Gaststättenverband), Guido Zöllick in una recente intervista al prestigioso quotidiano FAZ, la crisi è lungi dall’essere finita e il volume delle perdite sta raggiungendo una dimensione storica impensabile, forse la peggiore dal dopoguerra ad oggi. Da marzo a giugno la perdita in gastronomia e nell’alberghiero è stato quantificata alla somma di 17,6 miliardi di euro. Da un sondaggio fatto sempre dal Dehoga, nei mesi da marzo a giugno, il fatturato in questo due settori mostra un minus del 60% rispetto al 2019 e nei mesi estivi, nonostante un recupero da parte di alcune aziende (hotel in zone turistiche e locali con molti posti all’aperto), la statistica riporta un minus del 43%. In generale si valuta un calo di introiti di almeno il 50% per tutto il 2020. Addirittura per le imprese, localizzate in città, come hotel e ristoranti, la cui clientela era quella turistica, quella del settore congressuale o quella generata da eventi culturali e sportivi, il buco è molto maggiore, tale da temere la chiusura totale dell’attività. Ancora più drastica è la situazione di discoteche e club notturni, le cui previsioni di apertura non sono prevedibili a breve. Attualmente già 6,5% delle imprese in gastronomia non hanno più riaperto dopo i mesi del Lockdown. Tra queste gli ostelli della gioventù e molte piccole aziende, come negozi, caffettiere, bar, Kneipen, per i quali il fatturato in previsione, con una riapertura limitata attraverso il vincolo delle norme igieniche, non potrà coprire le spese. Alla cui voce spese bisogna aggiungere anche le uscite il materiale extra sanitario!

In sintesi ad oggi si possono identificare i seguenti danni fondamentali per l’economia: centinaia di migliaia di persone in cassa integrazione, chiusura temporanea delle attività, interruzione di nuove assunzioni.
Sempre dal sondaggio sopra citato, è emerso che un 14% delle aziende valuta una possibile chiusura di attività per fine anno, mentre il 40% si sente a rischio e un 24% prevede di aver bisogno di almeno un anno per riuscire a tornare ai numeri prima della crisi. Riflettendo su questi dati, possiamo immaginare le conseguenze economiche, che potrebbero risultare qualora l’ondata con questo numero di fallimenti arrivasse puntuale per Natale.
Il settore della gastronomia in Germania ha un valore economico enorme, contando ben 220.000 aziende e 2,4 milioni di dipendenti. Se mai questa ondata di ditte insolventi si riversasse, quali sarebbero i danni alla struttura sociale? Quale sarà l’aspetto delle strade e dei centri cittadini senza negozi, bar, caffetterie, panifici, gelaterie? E poi che tipo di approvvigionamento e di vita sociale avranno questi luoghi? A scongiurare questo scenario apocalittico, il governo tedesco ha stanziato ingenti somme di denaro, superiori alla lunga di quelle messe a disposizione in altre nazioni.

Grazie ai primi sussidi a fondo perduto – cosiddetti Corona Hilfe – erogati da Comuni e Länder a inizio Lock-down, al programma Kurzarbeit Gelder (cassa integrazione) di dimensioni storiche, ai crediti agevolati e ai successivi pacchetti di aiuti nel corso dei mesi estivi, è stato possibile arginare il possibile collasso economico a marzo e aprile. Poi al termine della fase lockdown, per sostenere le imprese in questi mesi di ripresa parziale delle attività, sono stati attivati ulteriori aiuti, quali il prolungamento del programma “Kurzarbeit Gelder“ da 12 a 24 mesi, il pacchetto „Überbrückungshilfe“ per i costi aziendali esteso fino a fine anno oltre al posticipare la scadenza per dichiarazione di insolvenza dal 30 settembre al 31 dicembre 2020. Si tratta di misure estreme intraprese dal governo, per garantire un recupero totale, pur a lungo termine, delle attività da parte della maggioranza delle aziende.

Se questo è il quadro generale visto dall’esterno, è doveroso approfondire però cosa sta succedendo all’interno delle aziende nella gastronomia. Cioè, come sono cambiati i rapporti con i clienti, con i fornitori, con i propri dipendenti. Non avendo in questa sede lo spazio necessario per presentare un’analisi completa, desidero evidenziare solo i tre sviluppi maggiori, emersi in più studi fatti da esperti in questo settore.

Consiglio di riflettere su questi tre aspetti (in particolare il nr. 1 e nr. 2 ), che potrebbero essere fondamentali per la sopravvivenza delle gelaterie.

  1. Digitalizzazione forzata e velocissima per accedere a ulteriori forme di introiti a costi minimi (ordini e riservazioni online, attivazione del servizio da asporto e consegna). Sono servizi, che in parallelo attivano una nuova forma di fidelizzazione del cliente, il quale se soddisfatto mi pubblicizza l’azienda sui social media.
    La priorità assoluta qui è la possibilità di pagamento con carte di credito. Si stima, che senza questo servizio i ristoranti potrebbero perdere il 75% delle proprie entrate e i piccoli negozi come bar, gelaterie, bistro circa il 30%!
  2. Gestione aziendale più consapevole, con un’osservazione attenta di spese e entrate, con la ridefinizione del costo e conseguente prezzo di vendita del proprio prodotto. Non è più possibile calcolare approssimativamente, è altamente rischioso fare affidamento sulla stagionalità, cioè su quei poche mesi con grossi fatturati, il fatturato al netto su un margine di guadagno esiguo genera debiti. Con la crisi causata dalla pandemia anche il nostro cliente, diciamo il consumatore in generale sa oggi, o al più tardi tra qualche mese, che tutto ha un prezzo – purtroppo più caro, di quello che gli farebbe piacere – come la sua paga da dipendente, come una bolletta della luce, come un canone di affitto, come un ingrediente sano e di qualità.
  3. La crisi ha rafforzato un trend, in corso già da alcuni anni e cioè l’importanza dei mercati regionali, in particolari la filiera dei fornitori. I prodotti regionali fanno ormai la parte del leone in gastronomia. „Regional & nachhaltig“, sono le parole magiche per titolari di ristoranti, bistro, catene di alimentari biologici e per i clienti. Inevitabile conseguenza di questo sviluppo è la riduzione del numero di piatti nei menú, che semplifica gli ordini da fare, il lavoro in cucina, e riduce la mole di rifiuti.

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